Il Piccolo | 29/09/2015
Turismo, un nuovo mestiere per Gorizia
I numeri possono essere eloquenti più delle parole. Un numero è la chiave principale e difatti da tutti indicato: a Gusti di Frontiera sono state stimate 550mila presenze. Statistiche un tanto al chilo, se è concessa una battuta, per restare nello spirito della manifestazione. L’afflusso di pubblico è stato talmente significativo che il successo è indiscutibile. Ma un altro numero, e questo è certificato, può essere convocato per ragionare di “Gusti di Frontiera” e del suo impatto effettivo: nei quattro giorni della festa, sono entrati al Castello 3.400 visitatori. Un dato importante, che fa il paio con la crescita formidabile del turismo riscontrata tra inizio anno e agosto in città. Le statistiche vanno sempre lette con un minimo di circospezione, poiché contano i dati percentuali ma non di meno i valori assoluti. Ed è ovvio che Gorizia sta appena iniziando a valorizzare il proprio potenziale di meta turistica. Potenziale notevole e finora largamente trascurato. Potenziale sul quale l’amministrazione comunale ha da lavorare, con la Regione e la Fondazione CariGo e quant’altri soggetti e istituzioni titolati a riflettere sulla vocazione economica di Gorizia e sul suo futuro. Alla dodicesima edizione, Gusti di Frontiera ha iniziato un percorso di rinnovamento, al quale il nostro giornale ha voluto dare una mano fin da principio. Il sindaco, Ettore Romoli, ha chiaro che occorre ricercare una evoluzione, passando dalla sagra a una manifestazione più strutturata e capace di essere (anche) vetrina delle eccellenze enogastronomiche del Friuli Venezia Giulia. Il tutto senza perdere la dimensione di festa di popolo. Di tali aspetti è pienamente consapevole Sergio Bolzonello, che da vicepresidente della giunta regionale ha voluto sostenere economicamente e logisticamente “Gusti”. Un percorso è iniziato con il “Salotto del gusto” e con il ciclo di dibattiti e convegni, nel quale hanno brillato le star televisive Parodi e Cracco. Ma la sfida non meno importante delle prossime edizioni deve consistere nel coinvolgimento – all’interno dei convegni e però anche negli stand – in modo più esteso e anzi in forze dei produttori e dei consorzi Fvg. Parliamo di vini, ma anche di olii e di prosciutto San Daniele, di birre artigianali, di formaggi. Parliamo dell’utilità di convocare non solo i testimonial di una generica cultura gastronomica da Tv, ma anche di scovare personaggi e storie di eccellenza del Collio, dell’Isontino, della regione intera. A ben guardare, sarebbe assai più coerente con una visione complessiva dell’economia di territorio. E se Romoli e Bolzonello volessero, potrebbero pure immaginare di ampliare il catalogo delle iniziative culturali, ricomprendendo per esempio una mostra d’arte (non inventiamo nulla, posto che tale formula è stata impalcata per esempio anche per Expo2015). In fondo, nel nuovo nome scelto per la prossima edizione – che parla di Festival dell’enogastronomia e delle culture di confine – è indicato un destino possibile. Insomma, resta pur vera la massima secondo cui una grande marcia inizia con il primo passo. E al dodicesimo anno, dopo aver proposto a fiumi la birra Guinness, forse è venuto il tempo di saper dare più valore a quanto di buono viene prodotto in regione e a quanto di bello potrebbe raccontare Gorizia a turisti affamati non solo di salsicce e crepes olandesi.