Il Giornale di Vicenza | 29/10/2015
Agroalimentare «Piccolo non va Servono i giganti»
I sogni di gloria del «piccolo è bello» dell’industria agroalimentare sui mercati internazionali s’infrangono sul muro dei fatturati ma soprattutto sulle reti distributive. Meglio, sulla loro pressoché assenza nell’economia globale che conta. Le imprese sono giudicate troppo poche, troppo deboli, troppo frammentate. Difficile pensare che uno degli ostacoli all’affermazione del made in Italy sia l’ampio ventaglio di prodotti d’eccellenza del Belpaese e l’incapacità di venderli. Eppure senza adeguate piattaforme distributive «la crescita per aziende dalle dimensioni ridotte o ridottissime auspicato in questi giorni dal premier Renzi rischia di rimanere un miraggio».TROPPO “NANI”. «I “grandi” in Italia sono dei “nanetti” nel resto del mondo», spiega l’amministratore delegato di Autogrill Gianmario Tondato Da Ruos durante il primo dei tre incontri “Food economy tour” promosso da Venezie Post e da Venezie a Tavola con la partnership di Cattolica e FriulAdria. Intitolata “Come esportare il food italiano nel mondo?” la prima tappa è stata ospitata nello studio Adacta a Vicenza. «L’esportazione è correlata alla produzione: chi è piccolo non esporta – aggiunge Tondato Da Ruos -. Oggi un’azienda con meno 500 milioni di euro di utili non solo fatica a rimanere nel mercato cinese ma forse non riesce nemmeno a entrarci». Il manager – che ha firmato per Autogrill l’acquisizione di Aldeasa, Alpha Group e World Duty Free Europe raddoppiandone il fatturato nel giro di pochi anni – va oltre: «Per arrivare nel mondo le reti distributive siano fondamentali. L’Italia esporta poco. Basti dire che il più grande produttore di panettoni mondiale è il Brasile, non è l’Italia». «La produzione e la distribuzione nel settore agroalimentare, un comparto dove i volumi fanno la differenza, è sempre stata trascurata a favore del manifatturiero – è la provocazione di Tondato Da Ruos -. Dobbiamo scegliere se rimanere nella nicchia o diventare grandi. Di certo non possiamo stare fermi. Il rischio è adeguarci nei prossimi anni ai parametri stabiliti dagli Usa e dai Paesi asiatici».«MA LA QUALITÀ CONTA DI PIÙ». «Più che ai mercati guardo ai bisogni. Che la necessità di crescere in produzione e fatturati sia importante nessuno lo mette in dubbio, ma la qualità lo è di più – obietta Andrea Rigoni, amministratore delegato della Rigoni di Asiago -. La grande distribuzione è un mezzo di trasporto che agevola la vendita, ma è necessario che scaturisca l’interesse per il prodotto e l’interesse nasce da un prodotto di qualità. Le grandi multinazionalifanno grandi utili sui grandi numeri, ma anche loro stanno raggiungendo volumi difficilmente sostenibili con il rischio di cadere sul fronte della qualità». «Nel mondo si va con il jet, non con la carriola: in Italia manca l’idea di cosa siano i mercati globali – interviene Sandro Boscaini, presidente del colosso dell’enologia Masi Agricola -. Farsi illusioni è controproducente: con il sistema del Km 0 non si esce nemmeno da Vicenza». Dobbiamo partire dal presupposto che «il frazionamento produttivo si traduce in difficoltà distributive – continua Boscaini -. Possiamo essere efficienti nella distribuzione internazionale? Sì, ma solo se c’è coesione».«PIÙ PIATTAFORME». «Non siamo l’ombelico del mondo, ma a differenza di altri Paesi produttori fare impresa in Italia è molto più difficile», osserva (e la platea approva) il presidente di Confindustria Veneto, Roberto Zuccato. «Sulla quantità siamo perdenti, dobbiamo puntare sulla qualità: vendere la nostra storia e il nostro territorio. Abbiamo sempre mancato sulla presentazione dei prodotti, ora servono nuove piattaforme distributive».